Giochi e merenda all’aria aperta
Negli anni ’70 e ’80 ed oltre la metà degli anni ’90, quando ancora la televisione ed i mezzi tecnologici, come computer e cellulari, avevano un ruolo molto marginale o pressochè nullo, i bambini, con l’arrivo della primavera ed a seguire per tutta l’estate, finiti i compiti, uscivano di casa per giocare con i propri compagni.
Spesso il campo da gioco era un giardino o una strada chiusa, interdetta alle macchine, dove, adulti e bambini insieme, trascorrevano un paio d’ore all’aria aperta.
Gli adulti: mamme, nonne o zie, chiacchieravano e lavoravano ai ferri o all’uncinetto, mentre figli e nipoti giocavano liberamente.
Ognuno portava con sé un gioco, da condividere con i propri amici: una palla, una bicicletta, un carretto di legno, costruito in modo rudimentale, o una corda per saltare.
Se i giochi non c’erano, la fantasia sopperiva alla mancanza, con l’invenzione di qualche altro passatempo.
La “caccia grossa” era il preferito. Tutto ciò che si muoveva era oggetto d’interesse, dalla caccia alle lucertole con un cappio ricavato da un filo d’erba lungo almeno un metro, a quella alle farfalle con un retino, per i più organizzati, o a mano nuda per i più esperti.
Gli orti diventavano luoghi d’interesse sia per nascondersi che per arrampicarsi sugli alberi e mangiarne i frutti o addirittura per spiccare piselli e fave, teneri e dolci, anch’essi buonissimi da gustare.
Gli adulti raramente intervenivano, se non per una strigliata d’orecchie, quando c’era il rischio di distruggere il lavoro dell’orto, portato avanti con arte e diligenza, o quando il linguaggio ed il comportamento non erano consoni alle regole del viver civile.
Non mancavano mai ginocchia e mani sbucciate a causa di una caduta. Allora ecco i compagni pronti a burlarsi del mal capitato o a sostenerlo nel sopportare il bruciore della disinfezione della pelle sporca di sangue e terra con l’immancabile alcol etilico.
E quando tutto andava bene, il pomeriggio non poteva che essere coronato da una ghiotta merenda.
La merenda preferita era pane e pomodoro.
La magia di un bel pomodoro rosso e succoso, strofinato su una fetta di pane casereccio, e fatto a pezzettini. Condito con un pizzico di sale e origano, una foglia di basilico ed un filo d’olio extra vergine d’oliva, forse non sempre molto “extra”, ma era il prodotto delle 100 piante d’ulivo del giardino dei nonni.
In seconda posizione c’era una fetta di pane ed oevo che poteva diventare una merenda dolce o salata, a seconda che si completasse con un pizzico di sale e profumatissimo origano o con una spolverata di zucchero.
Anche una frisella bagnata con acqua e cosparsa di zucchero era una merenda deliziosa.
Infine quando l’aria si faceva un pò più fresca ed iniziavano ad allungarsi le prime ombre della sera, tutti rientravano felici per aver trascorso allegramente un pomeriggio fuori casa.
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